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Dante e la musica nella Divina Commedia

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Scrivere di Dante è tanto scontato quanto complesso. Se poi prendiamo in esame la Divina Commedia sono tantissimi i filoni tematici e gli spunti di riflessione sui cui ci si può soffermare, ampiamente affrontanti dalla critica e studiati nelle scuole.

La dimensione musicale però è forse uno degli argomenti meno conosciuti, anche se non è fatto mistero del grande amore che il Sommo Poeta aveva per la musica. Immergersi nella Divina Commedia è ritrovarsi in un modo di suoni e di canti.

Dante utilizza spesso simboli e metafore musicali per affrontare l’argomento centrale del poema: l’amore di Dio. La Divina Commedia è un cammino spirituale che eleva l’uomo dal peccato attraverso la purificazione per arrivare alla redenzione. La musica accompagna Dante tra Inferno, Purgatorio e Paradiso cambiando ed evolvendosi con lui, con una precisa logica e coerenza.

Tre cantiche, tre regni, tre musiche

Dante sceglie il numero 3 per costruire la sua opera, numero che rimanda alla Trinità Cristiana, alla perfezione e alla conoscenza. A livello strutturale la Divina Commedia è formata da 100 canti, suddivisi in 3 cantiche (secondo lo schema 1+33+33+33, dove il primo canto svolge il ruolo di introduzione) e la forma metrica scelta è la terzina di endecasillabi a rima incatenata.

Dante attraversa 3 differenti regni (Inferno, Purgatorio e Paradiso), nel suo viaggio è accompagnato da 3 diverse guide (Virgilio, Beatrice e San Bernardo), incontra 3 fiere, attraversa 3 fiumi e molto, molto ancora si potrebbe citare.

Il numero 3 torna anche nel concetto culturale che si aveva al tempo della musica, legato alla sua tripartizione teorizzata dal filosofo Severino Boezio (vissuto tra il V e il VI d.C.) nell’opera De institutione musicae. Il pensiero medievale distingueva la musica in tre categorie (ne ho già parlato qui).

musica mundana (l’armonia delle sfere celesti)
musica humana (che nasce dall’armonia tra corpo e spirito dell’uomo)
musica instrumentalis (quella udibile, prodotta dagli strumenti e dalla voce umana)

L’ordine d’importanza è decrescente: dalla forma concettualmente più alta data dall’armonia delle sfere celesti alla musica prodotta dagli strumenti. La musica che accompagna Dante nel suo cammino è quindi simbolo dell’ascesa: i rumori infernali vengono purificati dalla melodia e dall’armonia del Purgatorio fino ad arrivare alla polifonia e ai canti celestiali del Paradiso.


Inferno

L’Inferno è fatto di suoni sgradevoli, aspri e cupi. I rumori che Dante sente nei gironi sono sgraziati, lontanissimi dall’armonia celeste, è quasi “anti-musica”. Non ci sono armonie o melodie, sono lamenti e suoni che suscitano angoscia e paura. Non ci sono musiche ad alleviare le sofferenze dei dannati.

Quivi sospiri, pianti e alti guai
risonavan per l’aere sanza stelle,
per ch’io al cominciar ne lagrimai.

Diverse lingue, orribili favelle,
parole di dolore, accenti d’ira,
voci alte e fioche, e suon di man con elle


(Inf. III, vv. 22-27)


Nel regno dei dannati ci sono “parole di dolore” “accenti d’ira” “voci alte e fioche” “suon di man”. Una disarmonia infernale che marca ancor di più la distanza con i “dolci salmi” del Purgatorio, e che si ritrova anche nel corno del gigante Nembrot che risuona nel trentunesimo canto.

«Raphél maì amèche zabì almi», 
cominciò a gridar la fiera bocca, 
cui non si convenia più dolci salmi.

E ’l duca mio ver lui: «Anima sciocca, 
tienti col corno, e con quel ti disfoga 
quand’ira o altra passion ti tocca! 


(Inf. XXXI, vv. 67-72)


Purgatorio

Mentre nell’Inferno le grida dei dannati e i suoni sinistri che riecheggiano nei gironi sono una rappresentazione della condanna alla disperazione eterna, nel Purgatorio domina la salmodia (l’intonazione dei canti) elemento primitivo del canto cristiano. I salmi cantanti dalle anime del Purgatorio sono veri e propri riti di purificazione.

Il Purgatorio è il regno dello spirito che si purifica dal male e si salva. È il regno della liturgia cantata: la musica risuona in tutta la cantica assumendo un valore di rinnovamento e redenzione. Le anime trovano pace e armonia cantando: come nella tradizione gregoriana, cantare all’unisono è simbolo di unificazione interiore e riconciliazione con Dio.

Cantare insieme richiede disciplina, bisogna intonarsi con le altre voci e trovare la propria armonia interiore, la “musica dell’uomo”.

Da poppa stava il celestial nocchiero,
tal che faria beato pur descripto;
e più di cento spirti entro sediero.


‘In exitu Isräel de Aegypto’
cantavan tutti insieme ad una voce
con quanto di quel salmo è poscia scripto.


(Purg. II, vv. 43-48)

Il primo canto del Purgatorio è il salmo CXIII, “In exitu Isräel de Aegypto” (salmo biblico della liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù dell’Egitto) che le anime cantano mentre sono ancora sul vascello. Dante ascolterà anche “Venite, benedicti Patris mei“, “Beati quorum tecta sunt peccata”, “In te, Domine, speravi”, l’Osanna, il Padre Nostro e l’elenco sarebbe ancora molto lungo.

Non sempre questi salmi sono cantati nella loro forma originaria, ma si alternano a grida e gemiti. Parole e lamenti caratterizzano il “canto del penitente” che comunica così la sua sofferenza.

La prima musica che Dante e le anime sul vascello ascoltano però è un canto profano. Il poeta nel secondo canto riconosce l’anima di un suo caro amico, il musicista Casella. I due si appartano e scambiano alcune parole affettuose e Dante chiede poi all’amico di rallegrare la sua anima intonando un canto e Casella esegue la canzone “Amor che ne la mente mi ragiona” (commentata da Dante nel III trattato del Convivio). Dante, Virgilio e tutte le anime ascoltano rapite quel canto melodioso: la memoria e la nostalgia del mondo terreno sono ancora vive e presenti.

E io: «Se nuova legge non ti toglie
memoria o uso a l’amoroso canto
che mi solea quetar tutte mie doglie,

di ciò ti piaccia consolare alquanto
l’anima mia, che, con la sua persona
venendo qui, è affannata tanto!».

 ‘Amor che ne la mente mi ragiona’
cominciò elli allor sì dolcemente,
che la dolcezza ancor dentro mi suona.

(Purg. II, vv. 106-114)



Paradiso

Il Paradiso è il regno dell’armonia, della musica divina prodotta dall’armonia delle sfere celesti: il suono delle eterne rote.

L’approdo al Paradiso segna l’ingresso di Dante nel regno della polifonia: diverse voci insieme sperimentano la massima libertà all’interno di un rigido ordine dato dalle leggi del contrappunto. E mentre nel Purgatorio la musica ascoltata da Dante è legata alla parola di brani noti del repertorio sacro; nel Paradiso la musica rimanda alla raffigurazione della luce e al moto delle anime. Si riscatta dalla rappresentazione fedele della riproduzione melodica del testo sacro.

Musica, luce e movimento: il movimento è dato dal desiderio e dall’amore per Dio, mentre la musica e la luce sono la propagazione di Dio. Il Paradiso è un mondo di luce e suoni armoniosi, tanto forti e potenti che Dante ne rimane annientato.

‘Al Padre, al Figlio, a lo Spirito Santo’,
cominciò, ‘gloria!’, tutto ‘l paradiso,
sì che m’inebrïava il dolce canto.


Ciò ch’io vedeva mi sembiava un riso
de l’universo; per che mia ebbrezza
intrava per l’udire e per lo viso.


(Par. XXVII, vv. 1- 6)

La musica trascende la comprensione intellettuale, diviene mezzo per creare un’esperienza mistica di armonia e bellezza avvicinandosi al divino. La musica è un simbolo per tentare di esprimere il mistero dell’Amore eterno.

così vid’ ïo la gloriosa rota
muoversi e render voce a voce in tempra
e in dolcezza ch’esser non pò nota
se non colà dove gioir s’insempra.


(Par. X, 144 -148)

Nell’Empireo si arriva all’assenza di musica, che non è da intendersi come silenzio, ma l’essere arrivati a quella perfezione che l’orecchio umano non può comprendere (la “musica mundana”, l’armonia delle sfere celesti).

Parlare di musica nella Divina Commedia è un tema molto vasto. Questo articolo è solo un breve cenno, una base per approfondimenti più ampi e minuziosi. La musica in Dante, inoltre, non si esaurisce nel Poema delle cento cantiche, per questo concludo con una citazione dal Convivio:

La Musica trae a sé li spiriti umani, che quasi sono principalmente vapori del cuore, si che quasi cessano da ogni operazione: si è l’anima intera, quando l’ode, e la virtù di tutti quasi corre a lo spirito sensibile che riceve lo suono.

(Convivio II, 24).


Le immagini che accompagnano questo articolo sono alcune delle bellissime incisioni di Gustave Doré ispirate alla Divina Commedia.

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