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Con la musica (non) si mangia

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Domanda: “Che lavoro fai?”
Risposta: “Il musicista!”
Domanda: “Sì… ok… ma di lavoro, per vivere, cosa fai?”

Vi sembra un dialogo no sense? Ahimè, invece, è molto più vero di quanto si possa pensare… molto, molto di più. Che quello del musicista spesso non venga considerato come un lavoro e che con la cultura in Italia “non si mangia” non è una novità. La discografia sta vivendo una crisi che perdura ormai da moltissimi anni, che sia per colpa dello streaming, che sia per colpa di tante altre dinamiche che hanno stravolto il mercato e il music business.

Non è però questo l’articolo in cui troverete un elenco di numeri e percentuali deprimenti. Bensì scoprirete che molto tempo fa con la musica si mangiava, letteralmente intendo!

I COLTELLI “CANTERINI”

Quella dei “coltelli canterini” è una scoperta affascinante e ammantata di mistero Sono dei coltelli, delle posate vere e proprie, di epoca rinascimentale con una particolarità che li rende unici: hanno degli spartiti musicali incisi sulle loro lame.

Sono splendidi e rari capolavori dell’artigianato italiano del XVI secolo, oggi custoditi nei musei di tutto il mondo, come il Victoria & Albert Museum di Londra, il Museo Fitzwilliam di Cambridge e il Louvre di Parigi. Il manico è in avorio finemente intarsiato con inserti in ottone e argento; la lama in acciaio è lunga come un tagliacarte e larga quasi quanto quella di coltello da macellaio.

La caratteristica che li rende unici è la presenza di una notazione musicale incisa su entrambi i lati della lama con il testo in lingua latina. Da un lato una benedizione da cantare all’inizio del pasto (ad esempio: “Benedictiao Mensae. Quae sumpturi sumus benedicat trinus et unus”), girandolo dall’altro lato si trova invece una preghiera di ringraziamento da cantare alla fine (ad esempio: “Gratiarum Acto. Pro tuiis beneficiis deus gratias agimus”).

I coltelli riportano inoltre il registro vocale con cui si doveva intonare la melodia: tenore, basso, contralto, soprano.

Tutti questi elementi suppongono quindi un utilizzo devozionale, presumibilmente attorno alle ricche tavole della nobiltà italiana del Rinascimento, a metà tra la preghiera e il canto.

LE IPOTESI SUL LORO UTILIZZO

Molti studiosi si sono interrogati sul reale utilizzo di questi particolarissimi coltelli musicali. Kirstin Kennedy, curatrice del Victoria & Albert Museum (dove ne è presente una ricca collezione) osservandone la lama affilata, ipotizza che venissero utilizzati per tagliare la carne, o forse più certamente che servissero per presentare la carne ai commensali. Con l’estremità appuntita si sarebbe poi infilzata la fetta di carne. Nelle feste nobili del tempo, i commensali non tagliavano la propria carne, ma avevano dei servitori che lo facevano per loro. Era una delle tante regole dell’etichetta dell’epoca.

clicca qui per visualizzare l’intervista a Kirstin Kennedy, curatrice del Victoria & Albert Museum di Londra

Le melodie incise nei diversi registri vocali suggeriscono che venissero cantati dai commensali insieme, ad inizio e fine pasto, formando un coro unico e coeso. Questo suppone però che la servitù nell’apparecchiare la tavola dovesse tener conto di quale coltello abbinare a ciascun ospite. Ma anche che tutti sapessero leggere la musica, intonare quei canti e che, a fine pasto, si dovesse ripulire la lama per eseguire la melodia incisa nel “lato b”.

Alcuni studiosi hanno lanciato l’ipotesi che fossero invece dei singolari segnalibri, intuizione dovuta anche al fatto di aver ritrovato un coltello “canterino” all’interno di un antico volume. Un mistero che forse non verrà mai risolto, ma che avvolge di grande fascino questi meravigliosi oggetti di cui oggi possiamo ancora ascoltare la loro musica:

Clicca qui per ascoltare l’audio del canto di benedizione
Clicca qui per ascoltare l’audio del canto di ringraziamento

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La prima chitarra della storia

La chitarra, acustica o elettrica, è uno degli strumenti più suonati e conosciuti. La sua popolarità è così grande che viene considerato a tutti gli effetti lo strumento più rappresentativo del XX secolo. Ma quando ha fatto il suo ingresso nella storia della musica? A quando risale la più antica chitarra che conosciamo? È una storia che inizia da molto lontano, circa 4.000 anni fa in Egitto.

La prima chitarra della storia, o meglio il primo antenato della chitarra, viene identificato con uno strumento ritrovato in una tomba egizia databile intorno al 1.500 a.C. (3.500 anni fa!)

Secondo uno studio di Nora Scott (egittologa e curatrice della sezione di arte egizia del Metropolitan Museum of Art di New York) questo strumento apparteneva ad Har-Mose che molto probabilmente faceva parte della corte di Sen-Mut (o Senenmut), architetto, capo di Stato e consigliere della regina Hatshepsut, uno dei personaggi più importanti nell’Egitto dell’epoca. Si dice anche che Sen-Mut fosse l’amante della regina ed è suo il progetto del maestoso tempio a terrazze di Deir el-Bahri, uno dei monumenti più belli dell’antico Egitto.

Il tempio di Deir el-Bahri
Il cantante Har-Mose

Sen-Mut volle assicurarsi di avere il suo musicista preferito accanto a sé nell’aldilà, come anche il suo cavallo e il suo animale da compagnia, una scimmia. Così si assicurò che Har-Mose venisse un giorno seppellito in una tomba accanto alla sua, e a sua volta Har-Mose si assicurò che accanto a sé venisse depositato anche il suo prezioso strumento.

Lo strumento è un lontano antenato della moderna chitarra, ha tre corde e si suonava con un plettro che è stato ritrovato legato al manico da un cordino. La cassa di risonanza era in legno di cedro lucidato e aveva una tavola armonica in pelle grezza. Oggi è conservato al Museo Archeologico del Cairo.

Lo strumento di Har-Mose

La tomba di Har-Mose è dello stile tipico di un uomo di umili origini, ma con qualcosa di molto importante in più, un’incisione che riporta il suo nome: lì è sepolto “il cantante Har-Mose”. Ecco spiegato come mai accanto a sé avesse uno strumento musicale. Non era un cantante e un musicista qualsiasi, ma alcuni studiosi (come Bernard Shaw, dipartimento di “Pathology of the Egyptian University” del Cairo) non sono certi che fosse legato alla figura dell’importante architetto Sen-Mut; se fosse un suo servitore o se ci fosse qualche connessione, ma di certo morì in quel periodo e fu sepolto accanto alla sua tomba.


La tomba dell’architetto Sen-Mut

La storia si fa ancora più affascinante perché la tomba dell’architetto Sen-Mut (che si è costruito accanto al maestoso tempio di Deir el-Bahri) fu scoperta quasi casualmente nel 1927 e ha attirato l’attenzione degli studiosi di mezzo mondo. È posizionata e costruita in modo da non essere ben visibile, quasi la si volesse in qualche modo nascondere. L’aspetto più interessante ed unico è il soffitto interno, ricoperto da un’affascinante raffigurazione dell’universo allora conosciuto, compreso un bellissimo e preciso calendario lunare.

In particolare, in una zona del soffitto sono raffigurate le tre stelle della cintura di Orione con una quarta stella posizionata di fronte alle stesse. L’esatta riproduzione in scala delle piramidi e della sfinge nella piana di Giza! Qui il mistero si infittisce ancor di più e si lega addirittura a ipotetici messaggi in codice legati a civiltà aliene, ma questa è un’altra storia…

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/a/a4/Senenmut.jpg
Il soffitto della tomba di Sen-Mut
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Le trombe maledette di Tutankhamon

Molti sono i tesori ormai celati dagli eoni del tempo, tesori sepolti in una dimenticata grotta oscura, sommersi nelle tenebre remote degli abissi marini e, per i più romantici, nascosti sotto un simbolo a X in una sconosciuta isola deserta.

Uno degli scenari più fantastici, misteriosi ed evocativi della nostra storia è certamente l’antico Egitto. Un’epoca magica che a distanza di millenni affascina scrittori, registi e scatena le teorie più fantasiose. C’è ancora chi si domanda chi può mai aver costruito le piramidi: folle di schiavi, saggi ingegneri dalle conoscenze sorprendenti o visitatori da galassie lontane?

Non è questo il luogo per rispondere a queste domande, ma un tesoro della storia della musica antica lo dobbiamo proprio ad uno dei più celebri, seppur sfortunati, faraoni: il leggendario Tutankhamon.

Correva l’anno 1922 quando l’archeologo britannico Howard Carter scoprì, nella Valle dei Re, la tomba di Tutankhamon. Fu una delle grandi scoperte dell’egittologia, permeata da un’aura di mistero, probabilmente anche per via della presunta maledizione legata a filo doppio alla profanazione del tesoro sepolto assieme al giovane e sfortunato faraone. Oltre a corredi religiosi, statue e gli immancabili vasi canopi, furono rinvenuti degli strumenti musicali: due trombe risalenti a 3.340 anni prima. Le più antiche trombe ancora funzionanti ad oggi mai scoperte. 

La tromba in bronzo

La prima è una tromba in bronzo (o forse in rame) e fu trovata nell’anticamera della tomba, assieme a oggetti di stampo militare. Alcune raffigurazioni nei dipinti dell’antico Egitto associano spesso, infatti, simili trombe a contesti militari.

La seconda tromba, d’argento e oro, fu rinvenuta nella camera funeraria. Entrambe presentano intarsi e decorazioni raffiguranti divinità. Al loro interno è stata trovata un un’anima di legno decorata, probabilmente per proteggere il sottile metallo dalla deformazione o per mantenere pulito il tubo. La tromba d’argento inoltre ha delle incisioni raffiguranti un fiore di loto e il nome del re Tutankhamon. Il bocchino è in oro, lo stesso materiale usato per una fascia applicata al bordo della campana.

La tromba in argento

Le trombe sono state sepolte insieme al faraone Tutankhamon e sono rimaste nascoste nel più totale silenzio per oltre 3000 anni. Ma il 16 aprile 1939 oltre 150 milioni di persone hanno potuto ascoltarne il suono durante una trasmissione radiofonica della BBC. Le trombe sono state suonate per la prima volta nell’era moderna da James Tappern, musicista della fanfara della British Army, durante una breve performance al Museo Egizio del Cairo dove gli strumenti sono conservati ancora oggi.

Gli strumenti erano talmente antichi e fragili che durante le prove la tromba d’argento si danneggiò, facendo ricoverare in ospedale per l’angoscia Alfred Lucas, un membro del gruppo di archeologi che scoprì la tomba di Tutankhamon. I racconti non si fermano qui e si dice che poco dopo aver sentito per la prima volta dopo tanti secoli il suono delle trombe, ci sia stato un grosso blackout in tutto il museo de Il Cairo. Cinque mesi dopo la Gran Bretagna entrò nella Seconda Guerra Mondiale e iniziò la guerra in Europa.

Da qui è nata la leggenda delle trombe “maledette”. A quanto pare hanno una sorta di potere magico e ogni volta che qualcuno fa suonare questi strumenti si scatena una guerra. Si dice che le trombe siano state suonate di nuovo prima della Guerra Arabo-Israeliana dei Sei Giorni nel 1967 e prima della Guerra del Golfo nel 1990.

Particolare della tromba in argento

È una delle tante leggende che avvolgono di mistero l’antico Egitto, civiltà che teneva la musica in grande considerazione e praticata a tutti i livelli sociali. Per gli egizi la musica era chiamata “hy” che vuol dire “gioia”, aveva origine divina e custode di quest’arte era la casta sacerdotale. Sono pervenute a noi notizie di canti popolari e leggendari, come il “Maneros” di cui ha parlato lo storico Erodoto.

Oggi dopo più di 3.000 anni possiamo ancora ascoltare il suono di questi preziosissimi strumenti. Un suono senza tempo. Un suono che è stato descritto come rauco e potete, il suono delle più antiche trombe ancora funzionanti del mondo.

Lo potete ascoltare qui: