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I Carmina Burana: giocando a scacchi con la Fortuna

Qualche giorno fa in una bella serata di fine luglio ho avuto il piacere di ascoltare i Carmina Burana di Carl Orff. Un concerto suggestivo, affascinante, da cui è nata una mia recensione per la rivista “Le Salon Musical” che potete leggere qui.

Continuo però a riflettere. I Carmina Burana sono tra le pagine di musica classica più conosciute dal grande pubblico. Tutti abbiamo ascoltato almeno una volta (ma sicuramente più di una) l’apertura trionfale dell’opera con l’epico coro di O Fortuna. L’influenza dei Carmina Burana si estende ben oltre il mondo musicale: ha ispirato una vasta gamma di opere artistiche, dalle performance teatrali e coreografiche alle colonne sonore di film e pubblicità. La loro musica epica e coinvolgente è stata adottata in numerosi contesti, diventando un simbolo universale di passione e vitalità.

Una riflessione sulla Fortuna che governa il mondo

Le poesie medievali del XII e XII secolo musicate poi nel Novecento da Carl Orff si fanno veicolo di una riflessione sulla Fortuna che governa il mondo, oggi più che mai attuale e profonda. Viviamo in tempi complessi, incerti, con eventi imprevisti e sconvolgenti che possono cambiare radicalmente il corso delle nostre vite. I 24 testi dei Carmina Burana affrontano temi fondamentali dell’esistenza umana, mettendo in luce la nostra vulnerabilità, i desideri, le speranze e le paure. Sentimenti e situazioni che si ripetono costantemente nella storia. Tutti gli uomini sono rappresentati, in una dimensione senza tempo né spazio, nella quale anche Re e Papa si trovano immersi in un turbinio insieme alla gente comune.

La storia dei Carmina Burana: dal passato al presente, da Medioevo a Novecento

I Carmina Burana devono gran parte della loro grandezza alla preziosa raccolta di poesie medievali da cui prendono il nome.  La collezione comprende 325 testi poetici in latino, antico tedesco e francese, scritti fra il XII e il XIII secolo e contenuti nel manoscritto denominato Monacensis Latinus 1660, custodito dal 1803 nella Biblioteca Nazionale di Monaco di Baviera. Fu chiamato Buranus in quanto proveniente dall’abbazia bavarese di Benediktbeurn (Bura Sancti Benedicti) e giunse a Monaco in seguito all’editto napoleonico che decretava la secolarizzazione dei monasteri.

Il manoscritto è impreziosito da raffinate illustrazioni sulle tematiche trattate: il destino beffardo e padrone assoluto delle nostre vite, il rapporto con la natura, il gioco, il vino, l’amore fugace e quello autentico. Probabilmente i componimenti vennero prodotti in un’area geografica compresa tra la Germania sud-orientale, l’Austria occidentale ed il Tirolo dai clerici vagantes: giovani poeti e studenti itineranti che esprimevano liberamente le loro esperienze di vita, il desiderio di amore e piacere, e la riflessione sulla condizione umana.

Il compositore tedesco Carl Orff decise di mettere in musica una selezione di questi componimenti e iniziò la stesura il Giovedì Santo del 1934. Era venuto a conoscenza del manoscritto Buranus per un fortuito caso, era rimasto così affascinato dalla profondità e dalla varietà dei testi da comporre di getto i primi due dei ventiquattro brani che costituirono il lavoro finale. L’opera (una Cantata scenica, per soli coro e orchestra) fu eseguita per la prima volta nel giugno del 1937 ricevendo immediatamente un’entusiastica accoglienza da parte del pubblico e della critica.

Il sottotitolo originale recita: “Canzoni profane da cantarsi da cantori e dal coro, accompagnati da strumenti e immagini magiche”.

Non solo “O Fortuna

I Carmina Burana di Orff sono divisi in tre parti ognuna delle quali racchiude una varietà di brani, dal coro alle arie solistiche e ai duetti. La partitura orchestrale è dominata da percussioni potenti, mentre i cori collettivi e i solisti si alternano a esprimere la gamma di emozioni presenti nei testi.

La prima parte, “Primo Vere” (In Primavera), celebra l’arrivo della primavera, la bellezza della natura e la gioia del vivere. Questi brani esplorano il tema dell’amore e della passione, invitando gli ascoltatori a lasciarsi trasportare dalle emozioni della stagione della rinascita. In questa sezione troviamo la parte più famosa e conosciuta dell’opera: la celeberrima apertura trionfale del coro “O Fortuna”.

Omnia sol temperat
purus et subtilis
novo mundo reserat
faciem Aprilis;
ad amorem properat
animus herilis
et iocundis imperat
deus puerilis.
Tutto riscalda il sole puro e delicato nuovamente si svela al mondo il volto di Aprile,
aspira all’amore l’animo dell’uomo e con gioia comanda il dio fanciullo. (da: “Omnia sol temperat”)

La seconda parte, “In Taberna” (Nella Taverna), offre un contrasto vivace e goliardico con canti che esaltano l’allegria della convivialità e della festa in una taverna medievale. L’atmosfera è contagiosa e i ritmi coinvolgenti spingono il pubblico a dondolarsi al ritmo della musica.

In taberna quando sumus,
non curamus quid sit humus,
sed ad ludum properamus,
cui semper insudamus.
Quid agatur in taberna,
ubi nummus est pincerna,
hoc est opus ut queratur,
si quid loquar, audiatur.
Quando siamo nella taverna, non pensiamo a quando saremo polvere, ci diamo al gioco senza tregua.
Quel che accade nella taverna, dove comanda il denaro, si farebbe bene a chiederlo, chi risponde, sarà ascoltato.
(da: “In taberna quando sumus”)

La terza e ultima parte, “Cour d’Amours” (Il Tribunale dell’Amore), introduce una dimensione più intima e riflessiva. Qui i canti esplorano l’amore e le relazioni umane, rivelando il lato più tenero e vulnerabile dell’esistenza umana.

Amor volat undique;
captus est libidine.
Iuvenes, iuvencule
coniunguntur merito.
Siqua sine socio
caret omni gaudio;
tenet noctis infima
sub intimo
cordis in custodia:
fit res amarissima.

Amore vola ovunque; richiamato dal desiderio. Fanciulli e fanciulle si uniscono secondo natura. Alla fanciulla priva di amante, manca ogni fonte di gioia; la possiede la notte oscura nascosta nelle profondità del cuore: è la cosa più amara. (Amor volat undique)

E come tutto inizia, così tutto ha una fine. Il famosissimo brano di apertura “Fortuna Imperatrix Mundi” torna a chiudere l’opera. È proprio la Dea Fortuna, con la sua ruota girevole, a fare da perno per tutta la rappresentazione: il destino di tutti gli uomini inizia e finisce con la sua inappellabile legge.

Il lascito dei Carmina Burana: un’eredità duratura

I Carmina Burana di Carl Orff hanno lasciato un’impronta indelebile nel panorama musicale e culturale. La loro straordinaria bellezza e potenza li hanno resi un’icona della musica classica del XX secolo e un’opera di riferimento nel repertorio corale e sinfonico.

Oggi, a decenni dalla sua creazione, l’opera continua a conquistare i palcoscenici di tutto il mondo, suscitando l’ammirazione di nuove generazioni di spettatori. La sua capacità di parlare a ogni persona, indipendentemente dalla sua provenienza o formazione culturale, ne fa un capolavoro senza tempo, un ponte tra passato e presente, tra realtà e fantasia. Anche se l’immaginario collettivo si limita spesso all’apertura trionfale di O Fortuna.

In un’epoca in cui il mondo è affrontato da sfide globali come crisi economiche, pandemie, cambiamenti climatici e instabilità politica, l’opera di Orff ci invita a riflettere sulla nostra relazione con il destino e la casualità. Ci sfida a confrontarci con la realtà imprevedibile della vita, quasi una partita a scacchi con la Fortuna richiamando il celebre film di Ingmar Bergman.

I Carmina Burana di Carl Orff sono più di una semplice opera musicale. Sono un viaggio emozionante e universale, un’esperienza che ha attraversato i secoli per toccare il cuore di chiunque si lasci affascinare dalla loro straordinaria bellezza. La loro fama e diffusione planetaria sono la testimonianza della loro grandezza e della loro capacità di parlare al profondo dell’anima umana.

O Fortuna,
velut Luna
statu variabilis,
semper crescis
aut decrescis;
vita detestabilis
nunc obdurat
et tunc curat
ludo mentis aciem,
egestatem
potestatem
dissolvit ut glaciem.

Sors immanis
et inanis
rota tu volubilis
status malus
vana salus
semper dissolubilis,
obumbrata
et velata
mihi quoque niteris;

Nunc per ludum
dorsum nudum
fero tui sceleris.
sors salutis
et virtutis
mihi nunc contraria
est affectus
et defectus
semper in angaria.

Haec in ora
sine mora
corde pulsum tangite;
quod per sortem
sternit fortem
mecum omnes plangite

O fortuna come la luna cambi forma, sempre tu cresci o cali; la vita detestabile ora perdura salda e ora occupa l’ingegno con un gioco, la miseria e il potere dissolve come ghiaccio. / Fortuna immane e vuota tu ruota che giri funesto stato futile benessere sempre incerto oscura e velata sovrasti pure me; / Ora al tuo capriccio offro il mio dorso nudo. La Fortuna ed il successo ora mi sono avverse, difficoltà e privazioni mi tormentano. / In questa ora, senza indugio risuonino le vostre corde; piangete tutti come me: a caso ella abbatte il forte!

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